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Visualizzazione dei post da 2013

Era tardi. Racconto di Natale

Era tardi. Tardi perchè stava per arrivare la notte e tardi perchè era una notte invernale. Non avevo ancora finito il mio lavoro, anche se la giornata era stata lunga. Decisi di lasciare perdere ed andarmene comunque: non potevo fare troppo tardi. La luna stava salendo: un vento teso spazzava il cielo e, maledizione, avevo ancora troppe cose da fare. Mia madre, la collina da attraversare, la mia ragazza. Dovevo mettere in fila le cose; ma ero in ritardo e, in qualsiasi modo le avessi messe, avrei comunque sbagliato. Sbagliato perchè non si può passare la collina col buio, non si può lasciare la ragazza per ultima, non ci si può dimenticare di una madre che ti chiede aiuto. Nella confusione la mente cercava di essere fredda, fredda come quella sera. Così, mentre i miei occhi erano catturati da una luna speciale e da una stella che da qualche giorno rimaneva fissa ad oriente, agii d’istinto. Madre, poi ragazza, poi collina… - pensai - potrebbe essere un

Due ruote nell'inverno di città

Anche in inverno si può continuare a pedalare in bicicletta per le strade? Sì, ma bisogna tenere conto di come le condizione del tempo ci rendono un po’ più difficile stare in piedi sulle nostre 2 ruote. Butto lì allora qualche appunto che riassume quello che ho provato sulle strade di città pedalando con pioggia, neve, ghiaccio. Da umile ciclista urbano, senza pretese. Con PIOGGIA: - Se la visibilità è scarsa accendere sempre i fanalini anteriore e posteriore - Attenzione alle pozzanghere: potrebbero nascondere una buca nell’asfalto. Rallentare e, se non si riesce ad evitarla entrarci lentamente. - Attenzione alla vernice della segnaletica orizzontale: è liscia e vi può far mancare il grip. Cercate di evitarla. Se ci dovete passare sopra curvando, rallentare e cercare di evitare il più possibile la “piega”, preferendo la sterzata. - Attenzione alle rotaie dei tram: diventano saponette. Passarle con traiettorie oblique, mai in piega. - Gli spazi di frenata aumentano, spe

Non ha prezzo

Provare a correre e concludere la tua prima mezza maratona. Correre in gruppo in mezzo a tanti altri che, come te, ci provano. Vedere che, piano, davanti a te scorrono i cartelli dei chilometri. Vedere un airone che prende il volo mentre tu gli corri di fianco. Seguire i pensieri che scorrono nella mente mentre i tuoi piedi solcano orme di chi è già passato. Sentire il tuo respiro che si incastra, ritmico, tra i tuoi passi. Guardare tua moglie e le tue bimbe che sono venute ad aspettarti. Vedere le tue bimbe che ti corrono incontro mentre stai arrivando. Fottersene del cronometro e passare il traguardo con loro, tenendole per mano. Scusate tanto, ma tutto questo non ha prezzo. Dedicato a Laura, Lucia, Alessia. La foto è di Roberto Mandelli e pubblicata sul sito podisti.net all'URL http://bit.ly/17FcWgc

La nostra stanza

Scritta così, in una sera di pioggia, quando tutti in casa ormai dormono... Ricordi com’era la nostra stanza, le sue luci, i suoi aromi, i suoi colori, i nostri respiri che la riempivano, la attraversavano: ritmati, forzati, ascoltati. La nostra stanza, dove battevano i nostri cuori con il ritmo della vita, con i suoni della speranza di lasciare quelle quattro mura sai, un po’ rifugio e un po’ prigione, spazio per amare. E, noi mai troppo vicino, nei nostri letti, con le mani che non si sfioravano, con gli occhi che non si cercavano, con le nuvole che non si vedevano. Ricordi com’era la nostra stanza, quando l’abbiamo lasciata ad altri, uno alla volta, uscendo piano, senza turbare i gesti mai fatti, le parole non dette, le speranze mai rotte. Ora ti rivedo, felice altrove da quella stanza. E non posso fare altro che gioire, in silenzio, lontano, con te. NB: piccola postilla, scritta dopo alcuni suggerimenti fatti dagli amici. La stan

Che sia piano

Che sia piano la notte che avanza di sera, la nota che passa in un accordo in fa diesis, la mano di un figlio quando cerca di andare, il bacio aspettato prima che un treno parta, e l'onda che infrange, sbotta, schiuma, scavalca. Che sia piano la morte, puttana, che arriva, la foglia che cade e accarezza il tappeto di rami, la penna impugnata, che inventa parole arruffate, parole mai lette, pensate, con sensi troncati, e sia piano lo sguardo innocente che scava la vita. E sia piano la voce della luna, che ci sveglia dal nulla, la traccia lasciata sul fiume, la stella nel Carro, il dolore che ti avvolge quando c’è da lottare, il bambino che ascolta e non ti vuole sentire, e che sia piano l'amore, quando sta per finire. Che sia piano, sia lieve il volo, dell’aquilone, il sussurro parlato in mezzo ai fiocchi di neve, quel palmo che ancora traccia strade sui volti, il vento che impasta le nuvole, che alza i cappelli, il nostro ultimo incrocio d

Quasi Nobel

Qualche giorno fa ho letto la notizia della candidatura di Roberto Vecchioni al Nobel per la letteratura. Mi sono messo ad ascoltare i pezzi del suo nuovo disco, per scoprire qualche verso, rima, citazione che mi convincesse ancora di più sul suo modo di fare musica. Ho trovato, tra le canzoni, una perla che mi ha lasciato senza fiato: un capolavoro di musica, di parole e, soprattutto, di speranza. Non resisto, la devo riportare così com'è, lunga ma spettacolare. Con un po' di sana invidia, sapendo che, nonostante i miei ripetuti scarabocchi, non riuscirò a piegare così bene le parole per farle entrare nell'anima. Ho conosciuto il dolore, di persona si intende, e lui mi ha conosciuto siamo amici da sempre; io non l’ho mai perduto lui tanto meno che anzi si sente come finito se per un giorno solo non mi vede o non mi sente Ho conosciuto il dolore e mi è sembrato ridicolo quando gli do di gomito quando gli dico in faccia: “ma a chi vuoi far paura ?” Ho con

Fari

Dove c'è un faro c'è un porto, un riparo, una terra dove posare il piede. Dai fari si vede l'orizzonte: molti si trovano su scogliere bellissime, come quello di Capo Spartivento. Poco più di un chilometro di strada sterrata, con una buona pendenza costante lo separa dal livello del mare. I rapporti del pignone e della moltiplica erano finiti mentre salivo per arrivarci: ormai servivano solo fiato, gambe, cuore. Ho ritrovato oggi la foto che avevo scattato al faro, ripensando alla vista che spaziava sull'orizzonte tirrenico, in direzione dell'Africa. E mi sono venute in mente tutte quelle persone, migranti o profughi, che hanno provato a raggiungerlo un faro, venendo però dal mare, e non ci sono mai riuscite.

ONB: Del perchè cancellare l'IMU

Due cuori e una capanna; queste sono le basi della società, dello stato moderno, della teologia del cls precompresso. E allora, che diamine, perchè tassare la capanna? C'è più equità nel tassare la capanna o nel proibire la vendita del chinotto, manovra grazie alla quale salveremmo molti premolari da probabile cariazione? L'uomo sapiente non tentenna di fronte alla scelta. Vivete dunque nella luce sulle autostrade tracciate da Olumenebuna.

Canzone delle cose cercate

“Noi camminiamo attraverso noi stessi, incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli adulterini, ma sempre incontrando noi stessi.”  (Ulisse - James Joyce) Dov'è il mio Ulisse che ha viaggiato nel suo mare, cercando onde e sirene senza mai naufragare, dov'è? Dov'e il Carro, dove Orione, dov’è la stella Polare, la mia rotta, la sua scia, l'onda eterna da saltare, Dov'è? Dov'è l'eclisse oscura che copre di nero il sole, con la terra che comunque non finisce di girare, dov'è? Dov'è quel vento da inseguire e che gonfia le vele spazza i capelli, suona i cipressi e ci vede soffrire, Dov'è? Dov'è la croce, dov’è il legno che ci dovrà legare, dove l'abbraccio, il cuore, il fiato che ci potrà salvare, dov'è? Dov'è una strada, un prato, un posto dove camminare, dove si incontra il mio silenzio e gli si può parlare, dov'è? Dov'è una mano, un volto, un cane per accarezzare, dov

E mi capissi no

El veent el bufa, scriiv in su la rèna quel che pensa e subit el scancela i soo paròll. L'unda la pica disègna cuunt la sciùma i soo discüurs che sùbit süghen sü e lassen nagòtt. E mi sunt chi cuunt i bàll in del maar bagnàa dal'unda e revultàa dal veent Me disen ròbb. Ma mi capissi no. Il vento soffia scrive sulla sabbia quello che pensa e subito cancella le sue parole. L'onda picchia, disegna con la schiuma i suoi discorsi che asciugano subito e non lasciano nulla. E io sono qui con le palle nel mare bagnato dall'onda e rivoltato dal vento. Mi dicono cose. Ma io non capisco. Pula. 27 Agosto 2013

Arie di vacanza

Ora, è mezzogiorno, c’è tramontana. Il maestro prende il suo aquilone: è noto, cosa da qualche euro. Da mezzanotte sarà schiavo solo di Eolo e non del Greco. Altrimenti sarà buriana andando verso levante. Cosa vuol dire questo piccolo scritto?  Nulla, ma forse si capirà qualcosa di più guardando qui: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/46/Rosa_dei_venti_05.jpg

In quota

La ruota appoggia prima sicura sul piccolo nastro di asfalto, poi ballerina sul ghiaietto che salta come grani di rosario. Le gambe cercano il ritmo, la cadenza, la sinfonia mentre il cuore non le segue e preferisce una lenta ballata. Salgo tra prati verdi, sprazzi di azzurro e nuvole grigie con gli occhi assetati dei giganti di roccia chiara che fanno da sfondo alla mia voglia di andare. Respiro il mondo e sento di essere il suo respiro. Poi la pioggia vince sull'azzurro, il fango sulla polvere: si torna. Con un arcobaleno a salutare comincio la discesa disegnando solo qualche lenta traiettoria disponibile mentre le gocce picchiano sugli occhiali come batteria in uno swing con un assolo che mi accompagnerà fino a casa. Questo è quanto mi rimane negli occhi e nel cuore delle, ahimè, poche pedalate che sono riuscito a fare sull'Alpe di Siusi. Non so se esiste un dio dei ciclisti, ma quello che vi posso dire è che uno dei paradisi che ha creato è proprio lì, sull

Cinquemila!

Oggi il contatore di accessi è scattato sul numero 5000. Cinquemila pagine viste. Per molti è poco, per me è comunque tanto, se penso che comunque il blog è un frullato incostante di idee, scritti, fotografie messi lì quando la voglia di scrivere prende il sopravvento sul sonno. Cinquemila grazie ancora a voi, voi che passate qui per caso e voi che, nonostante tutto, decidete di ritornare.

Dove saremo

Questa mi è venuta così, davanti a un foglio e un temporale.  Chissà come potrebbe essere se ci si mettessero sotto delle note... Se rinasco faccio anche un corso di chitarra... Davanti a me solo parole che prendono una forma e lontano tu, sullo sfondo con in mano il tuo gelato, tremo per quel congiuntivo che non ho mai azzeccato mentre il tuo frutti di bosco sta calando sempre di più. Gli spazi bianchi che ormai continuano a cambiare, mentre una porta nera ci divide lo spazio e il cuore. Cerco un avverbio vero, che mi dia un po’ di colore e sposto il foglio pieno, tra il tuo vestito e il cielo blu. Come saremo quando il tuo gelato sarà finito, dispersi come due gocce dentro a un temporale, o vicini e persi in piedi assieme nello stesso treno, dipinti tra la terra e il sole dentro nell’arcobaleno. Dove saremo quando il foglio sarà tutto scritto e pieno, divisi nella stessa riga da soggetti e da preposizioni o già distesi e più vicini, avvolti da sei rime al gior

Serale

Montagne su a nord e poi nubi scure come onde di un mare capovolto a salutare le ultime luci della sera. Questo mi regala oggi il tramonto, aspettando di rivedere quel cielo di riflesso nei vostri occhi che, stanchi, ora, aspettano il domani. A Laura, Lucia, Alessia.

E anche Andrea se ne va

Dopo l'Enzo, in questo gelido 2013 se n'è andato anche don Andrea Gallo, e un altro pezzo di volto di Dio non è più con noi. In molti lo hanno ricordato tra credenti e non credenti, poche sono state le parole delle gerarchie della chiesa cui apparteneva. Forse proprio questo è a garanzia del suo messaggio, che me lo rende profeta in quella chiesa cui appartiene, in uno strano mix, assieme a don Ciotti e Alex Zanotelli ma dove ci trovi anche Scola e l’Opus Dei. Oggi il manifesto gli dedicava la prima pagina titolava “Il padre nostro”: uno dei titoli più riusciti e che riassume quanto quella di Andrea fosse una voce ascoltata in modo particolare da chi con le sacrestie non ha molto a che vedere. Ciao a te, don Andrea, dunque. I tuoi ultimi ti aspettano a braccia aperte. E, se ho letto bene un po’ di testi sacri, Dio si è fatto ultimo: questo, su come verrai accolto lassù, fa ben sperare.  La foto è tratta da Wikipedia

Segno indelebile

Da sabato scorso, nella mia via, c'è una grossa macchia di sangue. E' il segno, per ora indelebile, di una vita spezzata da un uomo con un piccone; una delle tre vite fermate in un mattino di primavera a Niguarda. E' una sensazione che non so descrivere sapere che è potuto accadere lì, a pochi passi dal portone, e senza un motivo apparente, sempre che si possa mai trovare un motivo qualsiasi per fermare una vita. Ma è una sensazione altrettanto fastidiosa quella che provo quando vedo che si prende questo episodio a sostegno o a critica di una campagna politica. Ovviamente la giustizia deve esercitare il suo ruolo. Ma penso che, ora, contino più il rispetto del dolore, il silenzio e la scommessa di poter ritrovare la sicurezza di vivere nei nostri quartieri rafforzando legami e non solo arroccandoci nei nostri spazi, soli e con l'eterna paura dell'altro, di qualsiasi religione o provenienza sia.

...com'erano le notti ad Arles

Arles deve essere affascinante in tarda primavera, di notte.  Io l'ho vista poco, ma di giorno e con la pioggia.  Poi ho visto i quadri di Van Gogh e delle sue notti stellate.  E allora Arles, di notte, me la immagino così... Nuvole e vento oggi sul cielo di Arles, Theo. Niente colori caldi che mi accarezzano gli occhi. Solo un grigio esteso, infinito come il mare che mi aspetta, anche se qui non si vede. E' lo stesso cielo che poi si veste a festa, Theo. Con le mie stelle che vogliono cadere nel fiume, si mischiano con le luci chiare dei solai e le rincorrono in questo eterno blu di Prussia che da sempre mi circonda e mi affoga. E' ora di guardare queste stelle, Theo, di fissarle con i miei gialli per un tempo infinito. Così potrò immaginarmi in quel momento quando la morte fermerà per sempre i miei colori, ma finalmente mi porterà a conoscere le stelle. La foto nel post è il quadro di Van Gogh "Notte stellata sul Rodano" ed è tratta da Wiki

Fuoco amico

Non so se sia stato Babbo Natale, la Befana, il Grande Cocomero o, semplicemente, il suo papà, a regalargli un fucile vero, in miniatura e progettato apposta per stare nelle mani di un bimbo. Oggi questo bimbo del Kentucky il fucile vero per bambini lo ha puntato contro la sorella di 2 anni: ha premuto il grilletto e un colpo calibro 22 ha chiuso per sempre gli occhi della piccola. Se mi è difficile capire perchè esistono bambini soldato che imbracciano un'arma, mi è impossibile capire come si voglia fare soldi con le armi vere considerando i bambini come mercato da conquistare. Anche io, come penso tutti noi da piccoli, ho puntato per gioco una pistola e ho preso la mira. Solo che, invece di proiettili veri calibro 22, dall'arma uscivano getti o spruzzi di acqua. E, finito il gioco, si continuava a vivere.

Roma che...

Sono stato per due giorni a Roma alla conferenza degli utenti GIS di ESRI: interessantissima, ma non è di questo che riempirò le prossime righe.  Nel tempo libero dai lavori mi sono immerso, con alcuni colleghi, nelle vie e tra la gente di Roma.  E' stata un'esperienza breve, ma comunque ricca.  Oltre a qualche bella idea sui GIS porto a casa anche un po' di vita vissuta; vorrei raccontarvi in breve questa cosa alla maniera del grande Enzo Jannacci, con qualche riga semiseria che è meno semi di quanto si possa pensare.. . Roma che il viaggio termina alla stazione Termini, oh yeah. Roma che se non dici "cornetto" non ti danno la brioche, oh yeah. Roma che per ogni cosa "sapete qui a Roma come se dice?", oh yeah. Roma che col sole e il vento ti fa sentire quasi al mare, oh yeah. Roma che prendi il taxi e ti fanno sentire come Ayrton Senna, oh yeah. Roma che ha bisogno di tre centrali per illuminare il Cupolone, oh yeah. Roma che con la luna i

Ladri di biciclette

Questa mattina la pagina milanese del sito web di Repubblica pubblicava un interessante link ad un filmato girato in diverse zone di Milano: un finto ladro si metteva a rubare biciclette tagliando catene e trefoli alla luce del sole, indisturbato, tra la gente che gli camminava accanto. Il messaggio era chiaro: guardate come è facile rubare una bicicletta (i tempi vanno da 1 ad una manciata di minuti) e non pensate che basta legarla dove c'è gente per sentirsi più sicuri. Tutto vero. Un amarcord mi dice che anche a me è capitato, non in Duomo, ma sulle strade della Bicocca. Colpa della serratura di un vecchio trefolone rinforzato che si era rotta, ma con la mia bici attaccata a un palo. Impossibile girare la chiave. L'unica era forzare il trefolo. E allora, cesoie alla mano, con il mio amico Fabrizio abbiamo passato qualche minuto a tagliare trefoli, mentre pensavo a cosa avrei mai potuto dire a chi passava di lì o, peggio, a una pattuglia di vigili