La ruota appoggia prima sicura sul piccolo nastro di asfalto, poi ballerina sul ghiaietto che salta come grani di rosario. Le gambe cercano il ritmo, la cadenza, la sinfonia mentre il cuore non le segue e preferisce una lenta ballata. Salgo tra prati verdi, sprazzi di azzurro e nuvole grigie con gli occhi assetati dei giganti di roccia chiara che fanno da sfondo alla mia voglia di andare. Respiro il mondo e sento di essere il suo respiro. Poi la pioggia vince sull'azzurro, il fango sulla polvere: si torna. Con un arcobaleno a salutare comincio la discesa disegnando solo qualche lenta traiettoria disponibile mentre le gocce picchiano sugli occhiali come batteria in uno swing con un assolo che mi accompagnerà fino a casa. Questo è quanto mi rimane negli occhi e nel cuore delle, ahimè, poche pedalate che sono riuscito a fare sull'Alpe di Siusi. Non so se esiste un dio dei ciclisti, ma quello che vi posso dire è che uno dei paradisi che ha creato è proprio lì, sull