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Visualizzazione dei post da 2020

Racconto di Natale 2020

Tra il materiale rinvenuto dopo l’ultima esondazione del torrente Seveso, è stato trovato un testo teatrale manoscritto non databile ed appartenente ad autore sconosciuto, che metteva in scena i dilemmi di San Giuseppe, a pochi giorni dalla Natività che ha cambiato la storia. Ve lo riporto integralmente e ve lo offro come dono di Natale particolare in questo particolare 2020. Penombra. Giuseppe è in mezzo alla scena. Alza la testa e guarda fuori dalla finestra, muovendosi come in cerca di qualcuno con cui parlare. GIUSEPPE: Caro il mio Dio, ti devo dire che la trovata dell’Angelo proprio non mi convince. DIO (voce fuori campo): Cosa c’è che non ti torna? GIUSEPPE: Quel Gabriele, sai? Lo hai mandato da Maria, la mia ragazza, la mia donna, la mia sposa. Non so neanche più come chiamarla e che ruolo abbia nella mia vita. E’ stata tua l’idea? Tua, che raccontavi di non desiderare la donna d’altri? DIO: E’ il mio disegno sul mondo. GIUSEPPE: Ok, ne hai facoltà. Solo sarebbe stato carino

Frattali - Racconto d'inverno 2020

 “Se guardi un ramo di un abete, ma solo se lo guardi attentamente, riesci a vedere che ogni rametto contiene in sè la stessa forma dell’albero di cui quel ramo è una piccola parte. Se poi l’inverno è buono e ci regala la dama bianca, allora lascia quel maledetto smartphone e prova a camminare nella nevicata. Fermati sotto l’abete e comincia a guardare i fiocchi che accarezzano i suoi rami.  Non vederli, ma guardali: ti accorgerai che ogni piccola punta del fiocco contiene in sè la stessa forma del fiocco di neve di cui è una parte. Fermati allora sotto l’abete con la neve e comincia poi a guardarti dentro: vedrai che ogni tua piccola parte, ogni tua cellula, ti appartiene, ti contiene e dà forma a quello che tu sei, per come lo sei, nell’universo. Lo stesso universo dell’abete e del fiocco di neve. Non ti sembra un buon motivo per staccarti dal virtuale e buttarti un po’ dentro il reale?” “Sì papà. E spero che nevichi presto.”

Caro Grande Cocomero...

Caro Grande Cocomero, so che esisti, anche se non ti ho mai visto. Mi hai fatto passare tante notti senza sonno; ore nel buio a girare la testa in su e in giù, poi da tutti e due i lati, ma niente. A volte penso che lo fai apposta, perchè così vuoi mettere alla prova la nostra pazienza o, forse quello che i grandi chiamano "credere in te". Mi vedi, qui nel campo di zucche, stanotte, con gli occhi che lottano col sonno: se non volessi cercarti davvero non sarei ancora qui. Ho lasciato a casa anche la mia coperta, la cosa che mi dà sicurezza nella vita, per cercarti. Se ti vedessi sai cosa farei? Andrei subito da Lucy, Benjamin, Charlie Brown e, sì, anche dal suo stupido bracchetto Snoopy e lo griderei al mondo. E se non ti vedessi stanotte?  Continuerei a sapere che esisti, perchè cercarti mi fa stare più bene con Lucy, Benjamin, Charlie Brown e il suo stupido bracchetto Snoopy. Caro Grande Cocomero, in questa notte dove ti aspetto ti chiedo solo di fare felice un bambino come

Preghiera mascherata

Sì, Signore, sono sempre io. Sono quello strano, col nasone, che ogni tanto ti cerca e poi ti molla. Ti molla ma poi bussa sempre a questa tua porta che non è mai chiusa; spesso è accostata, sì, ma da quella fessura passa comunque un po' di luce. Sono sempre io, Signore, sotto questa benedetta mascherina che mi copre mezza faccia e lascia liberi solo gli occhi. Vedi: ormai ci sono rimasti solo gli occhi per vivere un po' di poesia.  Mascherati da sala operatoria tutto passa dagli occhi, che ormai sono diventati il riassunto di quello che siamo. In questi mesi difficili abbiamo dovuto mettere in quarantena gli abbracci ed i sorrisi, le uniche cose belle che ci fanno sentire importanti per gli altri. Ma Dio mio, come si fa, Signore, ad amare senza gli abbracci ed i sorrisi? Lo sai anche tu che le parole da sole non ci bastano. Le parole, Signore: passano dai fori delle mascherine e viaggiano e nell'aria, dove  possono portare ancora più distanza, ancora più assurdità tra noi

Back to school - ritorno a scuola

Era finalmente tempo di ritornare a scuola, dopo molti giorni passati a distanza. Il Maestro Socrate, di suo, aspettava il discepolo con impazienza perchè, diceva, la conoscenza e la saggezza passano solo attraverso il dialogo ed il confronto. Discepolo: Maestro! Socrate: Bentornato! Ma prima, gentilmente, tira su la mascherina. D: E' comunitaria, fatta da me con le mutande della povera nonna. Buonanima. O serve la chirurgica? S: Faccio finta di non sapere, così so cosa risponderti. Dai, buona la comunitaria. Piuttosto: hai misurato la febbre? D: Maestro... meglio la temperatura ascellare, sublinguale o rettale? S: Sei tu che conosci te stesso: saprai tu dove preferisci infilarti il termometro. Sappi, solo, che la rettale è leggermente più alta. D: Trentasei e due, ascellare, stamattina. S: Ascellare, dunque. Bene, caro mio. Di cosa mi vuoi parlare in questo primo giorno? D: Della vita. S: Cominciamo col botto. D: Maestro, ultimamente ho paura della vita. Ho paura di vivere a bracc

Non è roba da poco

Alessia ha già camminato per sentieri e per giorni, così non ha voglia di rivedere salite, tornanti e sassi sotto ai suoi scarponi. Lucia sente il lamento dei polpacci: le gambe oggi vorrebbero evitare i molti metri di salita che le abbiamo messo in conto, anche a sua insaputa. Alessia ama la montagna: certo, la amerebbe di più se fosse un po' più piatta e se il suo zaino fosse più leggero. Lucia si diverte a studiare scienze e geografia; sa che oggi si trova in un laboratorio di scienze all'aperto e che incontrerà laghi alpini, resti di morene, quel che rimane di antichi ghiacciai.  Nomi che forse sono stati solo fotografie su un libro di testo, ma che finalmente può vedere come sono fatti per davvero. Brad è un cane che non ha paura dei sentieri e della fatica: lo vediamo arrivare dietro di noi e salire su per il sentiero verso il rifugio. I padroni di Brad non hanno paura delle persone che non conoscono: capiscono che Alessia vorrebbe Brad per sè. Et voilà, lasci

Einstein - Piccolo racconto estivo

 In quello strano inizio di estate, Einstein rimase abbastanza sorpreso da quel colpo, improvviso, che proprio non si aspettava. E come non dargli ragione: quella palla, sul rovescio tagliato dal suo avversario, era impossibile che corresse lungo la linea del campo, dritta, perfettamente coincidente, per poi rimbalzare, maledizione, all’incrocio delle linee. Lo confermava la fisica classica. Non per niente Einstein era il suo nome di battaglia, nella vita e nello sport: tutto per lui aveva una spiegazione razionale, dall’antimateria alla traiettoria di una pallina da ping pong. Ma quella maledetta volta il caso, la bravura oppure il culo dell’avversario o, secondo altre visioni del mondo, la vita, gli avevano riservato quella traiettoria non terrestre. Non riuscire a rispondere a quel rovescio tagliato per Einstein volle dire tornare a casa con una sconfitta in saccoccia. Perdere ci sta - pensò - ma non in questo modo. Sapeva che avrebbe rivisto, prima o poi, il suo avversario.  Mentre

Ė incredibile

Ė incredibile, ma, nonostante tutto, continuo ad amare.

La parte mancante (Racconto di inizio estate 2020)

Era la sera più lunga dell'anno:  da quel giorno, la luce sarebbe calata sempre prima, e così fino all'inverno che sarebbe dovuto arrivare. Stavo bevendo dell'ottimo chinotto con ghiaccio: on the rocks, per farla moderna. Le bollicine segnavano il percorso dalla gola allo stomaco: era uno spettacolo sentire il percorso che stavano tracciando lungo tutto l'esofago. Non ci vuole molto per essere in pace con l'universo, pensai. "Ehi, tu! Pensi di essere arrivato. Guarda invece che sei solo un ingranaggio del sistema." Mi girai di scatto, dove prima non c'era nessuno. Ora, da lì, un ragazzino mi guardava dall'alto dei suoi dodici o tredici anni; almeno, così, pensavo. Riprese: "Tutto ti si muove attorno e magari non te ne accorgi. Non guardare solo le cose dalla tua posizione." "Scusa - le parole uscivano a stento dalla mia bocca - ma chi ti manda?" E lui: "Non l'hai capito! Non guardare la realtà solo con le lenti dei tuoi

Cari amici lettori del Corriere della Piera...

Cari amici lettori, amici del blog, di Facebook, di Whatsapp e, soprattutto, amici di carne e di ossa, amici veri: forse qualcuno di voi si chiederà come mai da qualche giorno le notizie farlocche del Corriere della Piera si sono diradate, anzi proprio sparite. A quel qualcuno, semmai esistesse, rispondo così. Il Corriere della Piera è stato un esperimento, un modo di resistere, restare umani e provare a sorridere nei tempi pessimi della grande ondata di contagi da COVID 19. Qualcosa di analogo ai vari flash mob inventati con i led dei cellulari, dei cori dai balconi, degli aperitivi fatti ognuno a casa propria guardando una griglia di facce amiche sullo schermo del pc. Ora, con la fase 3 e un rientro ad una minima normalità, penso sia normale che smetta di proporvi le mie cazzate quotidiane, anche se ovviamente una parte di me (forse il solo emisfero encefalico sinistro) vorrebbe tirare innanzi. L’ultima scritta è addirittura un pensiero ai bambini, alla loro speranza di rivivere vite

Getsemani (Racconto di Pasqua 2020)

Da giorni sento angoscia e smarrimento. Una chiusura, una strozzatura alla bocca dello stomaco che non avevo mai provato così. Ti svegli ed ecco che gli amici più cari, quelli che hanno occupato i minuti della tua vita, quelli che hanno percorso con te le strade del tuo paese, consumando assieme a te le loro suole, non sono più al tuo fianco. Non uno sguardo, non un abbraccio. Niente. E’ questo che aumenta la mia debolezza, il mio senso di non farcela. Alimenta il niente. Così in questa notte, in cui penso e scrivo, tutto attorno a me sembra addormentato, fermo. Morente.  Immobile. Statico, come lo sfondo di un quadro. Tutto è senza senso, anche la mia casa e quello che resta della natura intorno a me. In questo incredibile Getsemani, aspetto tra le decine di miei olivi che il tempo passi, che sorgano albe che saranno a loro volta mangiate dai tramonti. Aspetto che l’attesa finisca, che qualcosa arrivi per dirmi cosa ne sarà poi di me. E’ strano: si rinco

Stasera il vento canta un blues

Stasera il vento canta un blues, per scrivere di come si sta vivendo sopra le stelle. Stasera il vento viene da amico, per riempire lo spazio lasciato dalle tue ultime parole. Stasera il vento canta il tuo blues, e chi ti abbraccia da oggi capirà per sempre quanto lo ami. (Al mio amico piemme)

Minuscolo bastardo

Così minuscolo ma così bastardo, sei diventato il nostro respiro per portarci via l'aria, la luce, il sole, la gente. Siamo rimasti senza abbracci, distanti come fredde statue nella stanza di un museo. Non ti prenderai mai il sogno, la lotta, la voglia di aspettare quel momento quando ritorneremo ancora vivi, perché i nostri occhi e i nostri corpi non saranno più ostacoli da schivare.

Arriverà un domani

Arriverà, è sicuro, un domani che ci farà comprendere quest'oggi  da pugni nello stomaco. E che noi, allora, accompagnati dai nostri lembi di infinito, possiamo continuare, comunque, a danzare insieme.

Doppia cifra per Alessia

Dieci anni fa, dopo una telefonata, uscivo dall'ufficio salutando i colleghi e dicendo loro che avrei detto appena possibile quando avrei fatto ritorno. Dieci anni fa Alessia, con i suoi quasi otto etti e le sue 26 settimane, veniva tolta da quell'utero in cui non voleva proprio stare e iniziava a suo modo la nostra avventura con noi. Oggi anche lei passa in doppia cifra. Oggi, in punta di piedi, si fa più grande e si prepara ad entrare sempre più in quel mondo che lasceremo in mano a lei e agli altri bambini di oggi. Riguardo come un film questa storia lunga 10 anni e posso dire che non me la sarei immaginata così. Chissà se anche chi ha accompagnato Alessia, da vicino o da lontano, prova questo stesso mio stupore. E, comunque sia, le mi ha insegnato a resistere fino in fondo. Sì, perchè lei ne è capace; io posso solo umilmente provarci. PS: E' da questpo blog, quasi 10 anni fa, che ho cominciato a raccontare i primi mesi di Alessia A questo link si

Grimpeur

La strada che portava in vetta al colle era ormai alla fine. Gli ultimi tornanti in pendenza erano stati i più duri da passare, con i rapporti ormai finiti. Bobby scese dalla bici da corsa e si mise a guardare il panorama, ripercorrendo con la mente ogni singolo tornante, ogni singola salita.  Era felice di essere arrivato a metà strada. Lo aspettava ora la discesa: stessa lunghezza da percorrere, ma un po' piú velocemente.  Si doveva affidare ai freni e lo sapeva. Respirò profondamente e risalí in sella. Ringrazió il cielo per averlo fatto arrivare fino in cima, poi ripartí verso le curve e i tornanti che lo stavano aspettando.

Asilo republic

Quel biondo palazzinaro, che qualche divinità burlona ha permesso che venisse eletto presidente degli Stati Uniti d'America, si è messo ultimamente a giocare pesante.  Quando vede qualcuno che gli dicono possa essere un cattivone, non importa dove sia, prova a toglierlo di mezzo. Giorni fa ci è riuscito in casa dei suoi ormai ex amici iracheni, tirando missili su un convoglio di presunti terroristi iraniani. Compiuto il lavoro sporco, non gli resta poi che scrivere e cinguettare sui social per contare quanti like riesce a prendere. Gli iraniani, ovviamente, non l'hanno presa bene e, anzi, la spiegano come un martirio del loro comandante assassinato, promettendo al biondo palazzinaro bare e vendetta. Quest'ultimo, da grande statista, urla più forte e promette reazioni sproporzionate in caso di vendetta, perchè sa di averlo più grosso, inteso come l'esercito. E' dai vecchi tempi della scuola materna che non mi imbattevo più in ragionamenti di cotanta fine