Charlie era il soprannome con il quale, ai tempi in cui, giovane, bazzicavo Azione Cattolica e scuole della Parola, chiamavamo Carlo Maria Martini. L'ho incontrato da vicino anni fa, in vacanza in una località di montagna: era là per studiare e scrivere una lettera pastorale, eppure ha voluto comunque venire a salutare un gruppo di ragazzi casinisti. Non era per nulla nel mondo ovattato delle alte cariche ecclesiastiche, era un uomo che dialogava con tutti e incontrava tutti; lo si capiva anche da quei gesti. Non sempre è stato accettato, specie da chi difendeva una certa ortodossia, convinto di avere l'unica verità in campo religioso, sociale e morale. Ora, che so della sua morte, mi manca. E penso che, anche nella sofferenza, sia stato grande: umile e discreto, non volendo nessun accanimento terapeutico. Un segno grande anche questo, perchè la sofferenza scava ogni uomo in modo diverso e non la si può inscatolare dentro leggi che la possano governare. Mi ha dato tant