Prendete un treno, guardate fuori dal finestrino e capirete quanta varia umanità vive lungo i rilevati dei binari e sotto i ponti. Quello che scrivo qui sotto, poi, potrebbe arrivare da lì. Chissà. Un monologo? Chissà Un lamento? Chissà. Una preghiera? Padre delle linee, lungo la linea che unisce gli alberi, sai, ci abbracciano con le righe parallele che si piegano al volere del vento; vento che accarezza le loro teste, che strappa le loro foglie, come piccoli aerei con le loro storie per atterrare lontano. Padre delle finestre, piccoli spicchi del mondo, buchi che con la luce ci colorano il muro da fuori col gioco del sole, schermi dove proiettiamo i nostri occhi stanchi, rossi di pianto o di polline, prima che uno scuro metta la sigla finale allo show. Padre delle acque, acque che scorrono tra i pioppi, e scorrono le anatre, scorrono i cavedani che scorrono nelle acque; scorrono le parole scritte, lette, immaginate e mai dette, lasciando tracce nell’aria, nel f...