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Qui nessuno è straniero

Passando qualche giorno in montagna con bimbi e amici, ospitati in una casa parrocchiale in Valfurva, mi è capitato di fermarmi a parlare con alcune persone che lavoravano come aiuto cuochi e pulizie.
Mi aveva attirato l'accento slavo, il richiamo della foresta per me che sono incuriosito da tutto ciò che è "Balkan".
Erano una famiglia serba: in tutto 7 persone: 5 figli nati quasi a raffica da quando la mamma non aveva ancora 18 anni.
Così, per gioco e per provare il funzionamento dei pochi neuroni buoni che mi sono rimasti, ho provato a parlare, anzi a balbettare, quel poco di serbocroato che mi ricordo.
La ragazza serba che preparava i caffè è stata prima sorpresa, poi felice di trovare un italiano che parlava un poco della lingua del suo Paese, anche se, probabilmente, molte frasi erano uno sconnesso gramelot.
Penso che l'accoglienza passi anche attraverso questi suoni che abbattono il concetto di straniero.
Poi arrivo a casa e scopro che il Comune di Milano non darà più la cittadinanza al Dalai Lama, un Nobel per la pace, mica Charlie Chan: l'expo è dietro l'angolo e la Cina punta i piedi.
Vivremo con un po' meno di dignità ma con un po' più di uccellini cinguettanti in plastica che fischiano quando gli batti davanti le mani.
C'est la politique, mon ami.


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