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Monologo per un figlio


In questi giorni stavo pensando alla Pasqua che sta arrivando. 
Prima di spegnere la luce, non so per quale motivo, mi è venuta in mente Maria, stremata, sotto la croce. 
Pensavo a lei e a tutte le mamme che soffrono per i loro figli. L'ho immaginata urlare il suo dolore ed ho scritto questo monologo, quasi con piglio teatrale, per quel che mi riesce. MARIA (me la immagino sola, in ombra, con Giovanni sullo sfondo): L'ho seguito di nascosto, mio figlio, fino a qui, sotto la croce. Di nascosto per la vergogna, per la disperazione. 
Con gli occhi rossi e gonfi di lacrime. 
La gola rotta dalle urla. 
Il respiro soffocato dall’angoscia. L'hanno trattato come un traditore, un ladro. Frustato, incoronato con i rovi, gli hanno sputato addosso. Lo hanno sfidato. Hanno voluto capire se era veramente quel che diceva, vedere se Dio lo difendeva, se lo salvava con gli angeli e le spade. Loro, che credevano di conoscere Dio! Già, loro... Non hanno capito che Dio era lì, davanti a loro. 
Frustato. Ma, adesso, ditemi: questo mio figlio che non è mai stato tutto mio, cosa poteva tradire? Cosa poteva rubare? E loro, sono loro, invece, che stanno rubando la mia vita. Loro: i giusti, i difensori di Dio. Eccoli lì, con il loro trofeo: attaccato su una croce. 
Lo fanno vedere al mondo. Credono di avere vinto. 
Di avere fatto giustizia. Ogni chiodo picchiato dentro la sua carne sfonda le sue ossa: è una spina che mi trapassa il cuore, che mi morde l'anima. Sto male. 
Voglio vomitare, ma il mio corpo non mi lascia fare. 
Voglio urlare, ma di forze non ne ho più. Ho solo Giovanni, che mi aiuta a stare in piedi. Ogni mio respiro è per me una pugnalata. 
E ogni lamento, ogni rantolo che esce dalla bocca di mio figlio, è un pezzo delle mie viscere che viene strappato via. Non posso guardarlo, così. 
Non posso, ma i miei occhi di madre, invece, corrono e scavano nei suoi, ormai senza luce. Non riesco. 
Non è umano. 
Non è questo che si merita una madre, ogni madre. Potrò mai capire? Potrò mai perdonarti figlio mio, Dio, che ti sei fatto uccidere così? Potrò mai perdonare chi ti ha venduto, processato, giudicato? Prendi me, Dio, invece di lui. 
Prendimi, ma lascialo vivere: è tutto quello che una madre, ogni madre, può chiedere.
Non ha altre armi che l'amore. Ecco. 
È il momento che non avrei mai voluto vivere. Un urlo. Io lo vivo, questo momento, ma mio figlio muore; muore e con lui se ne va la madre che era in me. Rimane solo il mio corpo vuoto, sotto una croce di un legno colorato di sangue, aggrappato come uno straccio a Giovanni. Per chi vuole leggere altri brani che ho scritto per Pasqua, ecco qua sotto i link: Ho sbaglià (lamento di Giuda) - aprile 2012 Stazione 11 - aprile 2011 L'immagine del post è la Crocifissione di Giotto che si trova nella cappella degli Scrovegni e pubblicata nel web da Wikipedia.

Commenti

  1. sai cosa amo di questo blog?
    che sono passati tre giorni e non c'è ancora un coccodrillo per Enzo Jannacci.
    Buona Pasqua a te e alle tue donne. e la Giulio.

    Stefano

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