Ricordi com’era la nostra stanza,
le sue luci, i suoi aromi, i suoi colori,
i nostri respiri che la riempivano,
la attraversavano: ritmati, forzati, ascoltati.
La nostra stanza, dove battevano i nostri cuori
con il ritmo della vita, con i suoni della speranza
di lasciare quelle quattro mura sai,
un po’ rifugio e un po’ prigione, spazio per amare.
E, noi mai troppo vicino, nei nostri letti,
con le mani che non si sfioravano,
con gli occhi che non si cercavano,
con le nuvole che non si vedevano.
Ricordi com’era la nostra stanza,
quando l’abbiamo lasciata ad altri,
uno alla volta, uscendo piano, senza turbare
i gesti mai fatti, le parole non dette, le speranze mai rotte.
Ora ti rivedo, felice
altrove da quella stanza.
E non posso fare altro
che gioire, in silenzio, lontano,
con te.
NB: piccola postilla, scritta dopo alcuni suggerimenti fatti dagli amici. La stanza è quella della terapia intensiva neonatale e il resto è un dialogo (immaginario, ma non troppo) tra due piccole pazienti che si rincontrano, dopo anni, magari in una scuola...
NB: piccola postilla, scritta dopo alcuni suggerimenti fatti dagli amici. La stanza è quella della terapia intensiva neonatale e il resto è un dialogo (immaginario, ma non troppo) tra due piccole pazienti che si rincontrano, dopo anni, magari in una scuola...
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