Passa ai contenuti principali

Racconto di Natale 2020

Tra il materiale rinvenuto dopo l’ultima esondazione del torrente Seveso, è stato trovato un testo teatrale manoscritto non databile ed appartenente ad autore sconosciuto, che metteva in scena i dilemmi di San Giuseppe, a pochi giorni dalla Natività che ha cambiato la storia.
Ve lo riporto integralmente e ve lo offro come dono di Natale particolare in questo particolare 2020.

Penombra. Giuseppe è in mezzo alla scena. Alza la testa e guarda fuori dalla finestra, muovendosi come in cerca di qualcuno con cui parlare.

GIUSEPPE: Caro il mio Dio, ti devo dire che la trovata dell’Angelo proprio non mi convince.

DIO (voce fuori campo): Cosa c’è che non ti torna?

GIUSEPPE: Quel Gabriele, sai? Lo hai mandato da Maria, la mia ragazza, la mia donna, la mia sposa. Non so neanche più come chiamarla e che ruolo abbia nella mia vita. E’ stata tua l’idea? Tua, che raccontavi di non desiderare la donna d’altri?

DIO: E’ il mio disegno sul mondo.

GIUSEPPE: Ok, ne hai facoltà. Solo sarebbe stato carino farmelo vedere prima questo disegno, no?
Prova un po’ a capire la mia situazione. Io mi faccio un film della mia vita, moglie bambini e lavoro, e invece tu arrivi come un Caterpillar e mi metti qui accanto a Maria, che è pure incinta e ormai vicina al parto, madre di un figlio che avrei voluto avere mio.

DIO: Lo so.

GIUSEPPE: Ah, grazie. E nel tuo disegno ti sei preso tutto, la mia vita, il mio amore, i miei progetti! E tutto questo senza che io ti dicessi direttamente sì.

DIO: Puoi starne fuori, Beppe.

GIUSEPPE: Lo so. Tu hai avuto millenni per studiare bene la situazione. Sei passato dal sì di Maria, e tu lo hai fatto in modo scientifico, secondo me. E lo so anche il perchè: perchè lei, tra noi due, è la più sensibile.

DIO: Già. Non ti obbligo mica. Segui la tua libertà e la tua coscienza.

GIUSEPPE: Eh, bravo, così mi mandi in crisi.
Ma come diavolo faccio, adesso, a mollare tutta questa storia?

DIO: Te l’ho già detto, sei libero.

GIUSEPPE: Già, buttiamola sulla libertà. Sai che cosa ne penso, a caldo? Che tuo figlio, il mio, il nostro, insomma Gesù, nascerebbe lo stesso. Se facessi saltare il banco perderei Maria per sempre e tuo figlio, sottolineo tuo figlio, non avrebbe un padre che lo accompagna per mano nei suoi primi passi.

DIO: Bravo…

GIUSEPPE: E allora ci penso su. Sai perchè? Maria mi ha raccontato che questo figlio vivrà e porterà un messaggio nuovo.
Non sto qui adesso a chiedermi se lo ascolteranno e come lo ascolteranno.
Ma sono sicuro che, se viene da te, ci spiegherà come vivere da uomini.
E forse le sue parole potranno insegnarci salvare una vita, a proteggere il più debole.
Forse faranno ci abbracciare di più le persone, forse faranno diventare meno stronzo un capoufficio.
Forse ci faranno capire cosa ci serve veramente, cosa ci è superfluo, che senso dare alle ricchezze e all’economia.
So che forse gli uomini useranno Gesù come marchio di fabbrica per schiacciare altri uomini con la spada e con il mitra: ma queste purtroppo sono stronzate, nemmeno tanto collaterali, della nostra voglia di egoismo.

DIO: Mettiamo in conto anche queste ultime cose. Siete liberi anche in questo.

GIUSEPPE: Bene, caro il mio Dio.
Sai che ti dico? Accetto. Accetto...
Torno da Maria e mi tuffo in questa storia che hai preparato tu e che, senza dubbio, appartiene anche a me.
Adesso sello l’asino e andiamo verso Betlemme, con i nostri quattro stracci. Il censimento ci aspetta.
E’ l’ennesima avventura on the road; tu sai che noi ebrei ci abbiamo da tempo fatto il callo.
Io e Maria, nella nostra libertà ci affidiamo a te. Stacci vicino in questi giorni. Anche perchè sta nascendo il mio, tuo, nostro figlio Gesù.

Giuseppe sta per uscire dalla scena e parla con voce più alta.

GIUSEPPE: Maria… chiudi il fagotto e partiamo.

Sipario.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Lettera dalla prima linea - racconto di Natale 2024

Veloce, come una raffica di vento che sposta la bandiera da un lato all’altro dell’asta che la lega a terra... Così ogni mia giornata cambia rapida di direzione, sempre in allerta, come da quando mi hanno messo qui, in questa fetida vita di prima linea. E allora passo le mie notti e le mie giornate a immaginare quello che sarà di me tra qualche giorno, tra qualche ora, mentre spero che il destino non mi abbia preparato qualcosa di diverso. Così adesso scrivo queste poche parole per passare il tempo prima che qualcuno o qualcosa mi assalga, nella vigilia di un Natale che si presenta con poche speranze. A poca distanza da me da me ci sono altre persone che non conosco; alcune sono anche pronte a prendere la mia vita per mantenere la loro. In queste lotte tra nani e giganti ci affrontiamo credendo ognuno nel proprio dio, messo sul tavolo per mostrare chi ha quello più potente. Non so, non potrò mai sapere cosa sarà di me domani, se sarò a bermi un chinotto su un tavolo in piazza o in giro...

Sentinelle

Siamo impasto di atomi mischiato con i sensi, trascinati nel tempo e nello spazio con i nostri drammi ed i nostri scudetti. E siamo sempre in allerta, come sentinelle, pronte a dare la vita per salvare quei legami che ci fanno sentire umani.

Sotto questo verde blu d’Irlanda

Sotto questo verde blu d’Irlanda riabbraccio mia figlia partita da giorni, mentre il centro di Dublino sfidando la torre di Babele, punta l’infinito e squarcia il sole. Sotto questo verde blu d’Irlanda l’umanità si scambia birra e sorrisi. Violini, chitarre, flauti e banjo fondono in concerto l’odore della terra e delle strette strade che ti portano a casa. Sotto questo verde blu d’Irlanda  trovi un Dio che piange perché divide. E le bandiere, i murales, i simboli sono la sua moderna croce dove si uccide la pace tra gli uomini. Sotto questo verde blu d’Irlanda la strada scorre lenta, monastica, il piede percorre le alte scogliere dalla torre lo sguardo cerca il delfino o il puffin mentre un taglio di sole ti ribalta i colori. Sotto questo verde blu d’Irlanda  ho respirato, ho visto, ho cantato,  ho amato, odiato, bestemmiato, provando a scrivere un nuovo atto di questa commedia inspiegabile  che è la mia piccola, volgare, vita.