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Ha voluto vivere. La storia di Alessia. ILEO DA MECONIO?


Ho imparato a conoscere cos’è il meconio dopo pochi giorni di vita di Alessia.
E’ la cacca dei neonati. Nasci e la devi fare.
Non importa come e quando nasci, importa che il meconio lo devi buttare fuori e lo devi fare in fretta.
Alessia invece niente. Dopo quattro giorni non aveva ancora buttato fuori il meconio.
Intubata, con i polmoni che stavano cercando di imparare a lavorare da soli e a formarsi del tutto, adesso era anche sorvegliata speciale.
I dottori ci accennano il problema con delicatezza, ma lasciano aperta la porta alla speranza che l’intestino lavori.
“Alessia, forza, caga”. E a cosa devo pensare adesso?
Devo fare già il tifo per i polmoni che maturino un po’ di più e ora ci si mette anche la questione del meconio.
Io e Laura capiamo che la soluzione al problema è solo chirurgica. Ma cos’è un’operazione su un corpo di poco più di sette etti?
Non ci voglio pensare… caga Alessia.
Dura poco.
Capisco tutto quando vedo entrare in terapia intensiva il primario, un secondo medico mai visto, i dottori neonatologi.
Capisco che è una riunione per prendere una decisione, capisco che si sta parlando, ecografie alla mano, di qualcuno che ha un percorso dell’intestino non definito. Capisco che si sta decidendo il futuro di Alessia.
Bingo!
Poco dopo arriva la conferma. L’ipotesi è di fare un intervento chirurgico per capire cosa c’è e rimuovere quell’intoppo all’intestino.
I medici si prendono ancora un giorno per capire, una nuova lastra per vedere se qualcosa cambia e per decidere definitivamente.
E il giorno dopo decidono. Arriva una telefonata in tarda mattinata sul mio cellulare.
Laura è appena stata dimessa dopo il suo cesareo d’urgenza.
“Il chirurgo ha visto le lastre ed ha deciso di intervenire. Venite in ospedale per fare i colloqui con i medici e firmare i consensi”
“Quando la operano?” chiedo.
“Nel pomeriggio.”
“Veniamo subito”.
Ci precipitiamo in ospedale. Il primo medico con cui parliamo è l’anestesista.
Ci spiega i rischi dell’anestesia su un cucciolo di uomo di ormai 700 grammi dopo il calo fisiologico: “Saremo lì a controllare tutto e a dosare tutto con il bilancino”.
E’ un tipo ottimista. Se non mi trovassi in una situazione difficile direi che dalla bandana colorata sprizza allegria e, dietro gli occhiali, gli occhi ti invitano alla fiducia.
“Alessia è in buona salute – chiude così il suo colloquio – ed è questo il momento di agire. E’ l’attimo da cogliere…“
Che filosofo... E noi ora che cosa diavolo dovremmo fare? Andare in piedi sui tavoli ed applaudire, come succedeva nel film?
No. Possiamo firmare solo il consenso ad addormentare Alessia.
Dio, fa’ che si risvegli…
Ci lasciamo con una stretta di mano e questo novello Morfeo si prepara a mandare la nostra piccola nel mondo dei sogni.
Entra il secondo medico e stavolta è il chirurgo. E’ quello che avevo visto in terapia intensiva; assomiglia vagamente a Gino Strada, il chirurgo di guerra di Emergency.
Ci spiega molto professionalmente qual è il problema di Alessia, quale è la soluzione chirurgica, quali possono essere le cause. Si va dall’immaturità dell’intestino, alle malformazioni, alla fibrosi cistica.
Dio, sia pure fatta la tua volontà, ma la fibrosi cistica preferirei di no…
Chiude il colloquio dicendo che i rischi nell’operazione e nel postoperatorio ci sono e sono legati alla fragilità dei 700 grammi di Alessia e dei suoi tessuti, che potrebbero non reggere i punti di sutura.
E’ tutto chiaro. Provo a chiedere quanto può durare l’intervento: so che è come chiedere a un fungaiolo dove si trovano i porcini; non risponderà mai.
Ed io farei lo stesso.
Firmiamo i consensi all’operazione e diamo inizio alla roulette.
Usciamo in sala d’attesa. Cerco di tranquillizzare Laura, ma è difficile essere credibili quando prima dovresti tranquillizzare te.
Dopo quasi due ore rientro in terapia intensiva, a caccia di notizie.
Vedo in una stanza isolata un po’ di camici verdi chini su un lettino, mentre sul lettino c’è qualcosa che assomiglia ad un gattino senza pelo. E’ Alessia.
Deglutisco quel poco di saliva che ho in bocca e chiedo all’aiuto anestesista, che si trova fuori dalla stanza, qualche notizia.
Mi dice che l’intervento sta andando bene: hanno tagliato un pezzo di intestino e adesso gli stanno passando dentro una sonda per capire se l’altra parte è pervia, cioè libera.
Mi chiedo come fanno a passare la sonda in un intestino così in miniatura: già è quasi impossibile infilare il filo in un ago…
Ma è il loro mestiere.
Esco e riferisco a Laura, che sembra un po’ più tranquilla adesso.
Dopo ancora un po’ di tempo ci dicono che l’intervento è riuscito; adesso Alessia deve superare il postoperatorio.
Aspetteremo che passi.
Poteva morire.
Abbiamo aspettato e il postoperatorio è passato.
Abbiamo aspettato poi i test di screening neonatale, la dimissione di Alessia e, qualche mese dopo, l’esito del test del sudore, che ha scartato del tutto l’ipotesi della fibrosi cistica; è stato per me come far rinascere Alessia.
L’intervento all’intestino è stato superato.
Ma altri intoppi, in quei giorni, erano dietro l’angolo.

(6. CONTINUA...)

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