Cuore e polmoni.
Chi va in bicicletta, chi corre a piedi, non va lontano se non ha cuore e polmoni.
Dopo quasi cento giorni, tre mesi, di incubatrice, Alessia aveva finito di sviluppare i suoi polmoni.
Era pronta al grande salto: respirare la nostra aria, senza quel tocco di ossigeno in più che ti lega ai respiratori e alle bombole.
L’intubazione, la mascherina CPAP che allenava Alessia come un metronomo al ritmo del giusto respiro, il tubicino di ossigeno nell’incubatrice: non c’erano più, erano ormai cronaca da mandare agli atti di una cartella clinica.
E’ stato il modo con cui Alessia ci diceva che ormai stava crescendo, stava diventando sempre più grande, nella sua fragilità.
Brava Alessia, adesso respira tu…. è quasi fatta…
Questo pensavo, mentre con lo sguardo tenevo d’occhio i valori di saturazione dell’ossigeno che cambiavano sul monitor.
Maledizione al saturimetro; è un attrezzo infernale, ti dà una dipendenza psicologica.
Non ne puoi più fare a meno.
Pensi a come cazzo farai a casa tua senza quello strumento, quando tua figlia sembra attaccata ad un filo di ragnatela e già ti sembra un miracolo che sia lì a respirare con te.
E invece respira. Satura bene.
Finalmente una buona notizia da dare a casa.
“Respira, piccola. Adesso devi solo imparare a mangiare. Deglutire e respirare. Deglutire e respirare…”
Alessia mi guarda.
Adesso c’è un ultimo ostacolo da superare per lasciare questo ospedale: imparare a bere dal biberon.
Non sarà una passeggiata.
Ma siamo pronti a anche quest’ultima sfida; Alessia ce la farà, con molta fatica ma ce la farà.
E’ ora allora di cominciare a pensare al rientro a casa: la carrozzina è già stata tirata a nuovo.
Si fanno le valigie e si va a casa.
(11. CONTINUA...)
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